Intelligenza artificiale e coscienza

Frutto di speculazioni fantascientifiche e studi sempre più assidui, la scoperta dell’intelligenza artificiale, detta in gergo IA, potrebbe rappresentare una svolta epocale per l’umanità e il suo modo di approcciarsi al mondo della tecnologia.

La domanda ricorrente che appassiona studiosi, ricercatori e semplici curiosi è: può una macchina sviluppare una coscienza senziente e autonoma?

Vi sono gli ottimisti, ovvero coloro che ritengono non impossibile che le macchine, un prossimo domani, inizino a provare qualcosa come sentimenti, coscienza di sè e autocontrollo.

Sembra fantascienza eppure pensatori affermati e quotati continuano a ribadire che una macchina, per quanto intelligente, possa divenire una creatura completa soltanto con l’acquisizione della coscienza. Non basterebbe, dunque, che un computer, un robot o qualsiasi altro dispositivo sia portatore di intelligenza, seppur ai massimi livelli, ma sarebbe proprio la coscienza a fare la differenza.

Coscienza, questa sconosciuta

Ma che cos’è la coscienza? Senza scomodare Kant, Hegel e altri filosofi che ne hanno definito il concetto (celebre tra tutti il Cogito ergo sum di Cartesio) potremmo definire coscienza la consapevolezza di essere, di esistere.

Una macchina, un computer per quanto avanzatissimi a livello tecnologico e intelligenti, non possono autodefinirsi in modo cosciente, se si intende la coscienza come l’anima, l’energia vitale e la spiritualità.

In ogni caso, dire che cos’è la coscienza in modo univoco sembra un’impresa ardua: già Sigmund Freud aveva sottolineato come la mente umana sia lacunosa, dissimulatrice e tendente ad auto ingannarsi.

Le neuroscienze, che dalle teorie freudiane sono derivate, perseguono l’idea che l’attività mentale nella sua totalità sia pressoché del tutto sconosciuta a chiunque di noi: si tratta di un campo minato in cui si procede ancora a tentoni.

La coscienza, secondo gli studiosi delle neuroscienza, non sarebbe altro che il prodotto di convenzioni derivate dalla società, dal modo di vivere e di pensare corrente: non sarebbe cioè qualcosa di innato e di puro, ma sempre un elemento fortemente condizionato da sovrastrutture eteronome e presieduto da processi chimici.

L’idea che l’Io cosciente potesse tenere ben salde in mano le redini della mente e del comportamento sono nufragate, complice anche molta letteratura moderna, Pirandello in primis.

Neuroscienza e coscienza

In tempi recenti si fa sempre più strada l’idea che l’Io unitario e saldo non sia altro che una bella favola ottocentesca e che, invece, la mente umana, o la coscienza, sia un insieme di aree differenti che lavorano separate, dandoci però l’illusione di qualcosa di strutturato e coeso.

In sede neuronale, infatti, la coscienza si attiverebbe quando più neuroni si uniscono e si integrano tra loro, permettendo all’Io una forma conoscitiva logica e coerente.

Gli studi sulle neuroscienze tentano di dare una spiegazione scientifica ai fenomeni della coscienza, in modo da poter stabilire una volta per tutte i limiti della stessa coscienza e sottrarla al campo etereo dell’anima e del pensiero.

Più nel dettaglio, le neuroscienze vogliono dimostrare che la coscienza è fatta di processi neurologici, chimici e scientifici e che pertanto obbedisce a leggi fisiche che possono essere riprodotte con la tecnologia avanzata.

Le neuroscienze ci dicono, in breve, che potrebbe essere possibile creare la coscienza anche in macchine e robot dotati di intelligenza artificiale, grazie a particolari processi chimici e neurologici comprovati.

In soccorso a questa suggestiva ipotesi interviene la meccanica quantica, con i suoi molti studiosi che cercano di dare fondamenti neuro scientifici all’idea di coscienza.

Tra questi, citiamo il matematico anglosassone Penrose che tentò di ricreare al microscopio lo stato di coscienza di alcuni neuroni.

Tale esperimento, condotto secondo i dettami della fisica quantistica, fu ripreso e talora osteggiato da altri luminari che avevano il sogno di ricreare in laboratorio una coscienza senziente, con risultati più o meno consistenti.

Esperimenti successivi ribadiscono la necessità di capire se vi possa essere coscienza laddove c’è intelligenza.

Vi sono numerosi studi in corso che tentano estrapolare un sentimento cosciente dalle macchine, come il deep learnig e il sistema delle reti neurali, messe a punto con l’idea precisa di giungere prima o poi ad una risposta alla domanda fatidica: una macchina può pensare?

Iscriviti alla newsletter! Ricevi gli articoli più importanti per EMail.